“Dal 1998 al 2010 sono stata direttrice artistica, responsabile della didattica e docente di «International Acting School Rome», scuola internazionale di recitazione, e legale rappresentante dell’Associazione Culturale «International Acting Society», specializzata in Pedagogia Teatrale, entrambe da me fondate. L‘«International Acting School Rome» si è posta lo scopo di offrire una formazione completa per gli aspiranti attori e di organizzare workshops con artisti di fama internazionale per il perfezionamento degli attori professionisti e ha ottenuto risultati ragguardevoli in termini di sviluppo di processi didattici innovativi ed efficaci.
L’International Acting Society, che ha gestito la scuola, è un’associazione culturale che si occupa di spettacolo, didattica teatrale nelle scuole, ricerca pedagogica e progetti in tale direzione per il Municipio Roma XVI, la Provincia di Roma e il M.I.U.R.-Ufficio Scolastico Regionale”.
Dal 2009 al 2011 ho svolto l'incarico di R.I.S. (Responsabile Innovazione e Sviluppo della Didattica del Dipartimento) presso Milano Teatro Scuola Paolo Grassi - Fondazione Milano, Scuole Civiche.
Dal 2011 ad oggi sono tutor di primoannocinema presso Milano Scuola di Cinema e Televisione e coordinatore della didattica extra-curriculare presso MIlano Teatro Scuola Paolo Grassi.
“In acting, imagination has three aspects: impulse, belief, and concentration. Impulse “the leap of the imagination” may be conscious or unconscious in origin, but it is useless without belief, which is the actor’s faith that what he is saying, doing, and feeling is both interesting and appropriate. Concentration both causes and results from impulses and belief. The actor who has enough belief and will to follow his impulse is usually concentrated. On the other hand, much of the actor’s work consists in making himself sentient, in creating the experience, and this involves a deliberate search for the proper objects or means of becoming concentrated. In turn, a state of concentration leads to impulse and belief. In other words, the actor cannot really think on stage unless he is concentrated, and he cannot be concentrated unless he is really thinking on stage. Imagination thus operates in terms of these three interacting factors, and when all three are operating does imagination in acting actually function. Training the actor to be really alive involves his being conditioned to receive impulses from the imaginary stimuli, to make this real-that is, believable to himself- and thus to awaken the proper sensory, emotional, or motor responses.“
Lee Strasberg
Altro
Attualmente di stanza alle Scuole Civiche di Milano: Milano Teatro Scuola Paolo Grassi e Milano Scuola di Cinema e Televisione come coordinatore e tutor didattico (dal 2009).
‘Recitare in lingua inglese’, corso di perfezionamento per attori organizzato da ENTE TEATRO CRONACA, Napoli (2007).
Insegnante di recitazione presso PICCOLA ACCADEMIA «L’ARTE DI CREARE» GIANNI RODARI, accademia delle arti dello spettacolo per bambini e adolescenti, organizzata dall’associazione Arte Spettacolo & Didattica, in collaborazione con il Municipio Roma XVI e con il patrocinio della famiglia Rodari (2004/2005).
Preparazione dei giovani attori esordienti del film ‘Brenda e Plotino’, regia di Giorgio Molteni (2000).
All'estero
Laboratori di recitazione e analisi del testo presso la Scuola «Actors In Motion», Monaco di Baviera, Germania.
Invitata, partecipa al 1st International Festival of Making Theatre ad Atene, Grecia (luglio 2005), in qualità di docente di recitazione la cui metodologia costituisce una novità nel panorama mondiale (www.toc.gr).
Ricerche
Il linguaggio: collegamenti funzionali tra dizione, azione e immaginazione. Come si può superare il disagio del dire e della complessità della scrittura nel flusso dell’azione? Tutto ciò a partire da questa semplice osservazione: tra la comprensione di un testo e la sua comunicazione sembra esserci uno stretto legame, visibile nel comportamento del corpo, cioè nel movimento (sia pur impercettibile) che esso fa durante la lettura. Agendo su quest’ultimo (attraverso l’uso dello spazio: scomposizione e ricostruzione materiale del testo nell’ambiente dove viene comunicato; del tempo: lavoro di coordinamento “battere e levare” del gesto; e dell’immaginazione), ho riscontrato cambiamenti e miglioramenti sia nella decodifica che nella trasmissione di un testo dato, basi e veicoli su cui costruire a seguire un’ottimale interpretazione.
Una metodologia di lavoro individuale a casa: se esiste una tecnica questa deve permettere, oltre che a far proprio un materiale da un punto di vista di immaginazione e azione, una prova individuale che consenta di padroneggiare e ripetere l’esecuzione, senza fissarla o irrigidirla, e sempre come se avvenisse per la prima volta. Chiamiamola “esecuzione”, ma si è più vicini ad un concetto di partitura. Come si trova e struttura una partitura che non indica come suonare, ma cosa suonare e, soprattutto, come la si prova? Anche qui parto dalla semplice osservazione che una vera tecnica sa come far gestire i “passaggi”. E’ quello che avviene a livello di coordinamento, se ben capisco, con le “scale” del pianista o la “sbarra” della ballerina. Esistono routines e progressioni specifiche che permettono di padroneggiare sequenze. Sto formulando delle ipotesi operative anche per la recitazione. E queste progressioni non possono passare dalla mera ripetizione di un risultato, sennò tutti i benefici del concetto stanislavskijano svaniscono. Oppure dai semplici training di immaginazione e azione, seppur insostituibili. Serve un allenamento che coordini e colleghi corpo/mente ad una sequenza data, come avviene nel solfeggio musicale. Un ponte tra il testo e l’agirlo. Il punto sta nel consentire all’immaginazione psicofisica di dare il via al movimento e di collegare la sequenza data ai pensieri reali dell’attore. Deve coordinare una successione di “slanci”. Ma, insisto, si deve poter provare e studiare da soli come fanno i musicisti con il solfeggio di un pezzo musicale. E costruire una percezione dell’errore che non è giudizio, ma consapevolezza di aver interrotto il flusso della sequenza. Altrimenti la recitazione sarà sempre qualcosa che “viene”, mai qualcosa che si prepara e si sceglie di “far venire”.